Improvviso un desiderio di suicidio
irrompe come una salve di extrasistoli nella mia mente,
lasciandomi attonito,
incapace di capire
come fa un bambino di otto anni
ad essere spinto verso la morte,
a provare una corda al collo,
prigioniero dell’ansia,
e crescere controllando questa instabilità,
carceriere di se stesso,
oliando serrature che sempre emettono
suoni stridenti
e ti tagliano l’udito come lamette,
ti riempiono la bocca con sapore di metallo,
e ti fanno sputare pezzi di lingua
sanguinanti.
Mai liberato dall’idea di una
tempia ecchimotica, bruciata e
con minuscoli frantumi di ossa e
gelatina schizzati a raggiera sui capelli.
E’ possibile che la mia vita,
la mia mente non mi appartenga,
che sia un trapianto di qualcosa
che non è mio?
Che sia un non self che
ha innescato un meccanismo di rigetto,
che non ha successo, lasciando
questa costante lotta dentro di me?
Intervalli di quiete si alternano
a periodi di pensieri sconvolti,
in preda ad agitazione motoria,
che producono una fisica dicotomia del sé
che né farmaci né droghe
riescono a controllare.
Parte di me aspetta , catatonica,
l’esaurirsi di questa sconvolgente confusione,
per riprendere ancora impaurita
a ricostruire la mia vita.
Edinburgh febbraio 1988
Ciro Gallo