Lentamente,
senza fare rumore,
per non ferir le mie carni,
e farle trapassare da vibrazioni metalliche
mi avvicino,
e sento i miei passi,
lontano ogni pensiero
che mi lega all’esistente.
Le mani,
con gesto comprensibile,
aprono l’imposta ed obbedienti
ritornano lungo i fianchi.
L’aria fresca
investe il viso
ed inzacchera i vestiti.
In basso,
l’arido del cemento
colpisce con una vertigine
il mio stomaco.
Mi lascio cadere
con l’insopportabile zavorra
della mia angoscia.
Acquisto velocità e coscienza.
Con disgusto
sprofondo verso il selciato,
senza pentimento,
solo lo schifo del dolore
che proverò nella fugace percezione
dell’impatto e dell’immagine
del terreno lordato
dal mio cervello e dal sangue.
Ancora qui,
immobile e perso
incatenato alla vita
dal desiderio di morte.
24-25 aprile 2000
Ciro Gallo