Chiuso ho l’uscio
dove sono stato in attesa.
Impalpabile riprendo il cammino
di cui non vedo sentieri.
Troppo, fermo son stato.
L’erba ha coperto
Le tracce sfumate della (mia) vita.
Mi aprirò un varco senza meta.
Amputata la mia storia.
Irretito e svuotato
dal mio stesso concepirmi
cercarmi tra le mie parti.
Microscopiche entità
Impossibilitate ad aggregarsi.
Nessuna valenza di scopo.
Nessuna necessità di effetto
inutili si allaontatnano
e scompaiono invisibili
aria tra aria.
Fittizia la mia corporeità.
Invadente, prevaricante
Il mio pensare.
Autoreferenziale.
Autorappresentante.
Finzione.
Potere usurpato ed usurpante
patetico nella megalomania del nulla.
Non servono paralleli.
Noi il nostro referente.
Non altri.
Semplici, mute ,
spesso ingombranti comparse.
Soliloquio di una eco
i nostri discorsi.
Maschera di un io
voce da un coro
che si spaccia per nostra,
autentica , appartenente.
Anonimo il nostro sentire
delle nostre sembianze
solo vestito.
Certi solo della carne
neanche del nostro apparire
ci costringiamo alla convinzione
di essere.
Non la cecità né il sonno serve.
Ci incarcera questa trappola.
irrazionalmente ci nega una libertà
che non esiste
in una prigione dall’infinito spazio.
Privo di tempo,
non definito, inesistente.
Nomi senza espressione,
rappresentazione di un
nulla sentito,
unico, non identificato.
Potessi solo non sentirmi?
La morte non è una spiegazione!
16 marzo 2004
Ciro Gallo