Rose
Così ci raccontavate
di un ricordo che poi
avete costruito.
In angoscia vivevate
per un lavoro
a lungo sperato.
Improvviso un intenso
profumo di rose
si diffuse per la casa.
Questo è padre Pio
avete insieme esclamato.
Qualcuno bussò
alla porta : si prepari
domani si parte.
A lungo avevano sperato un lavoro per lui. Ora erano passati anni da quando A. aveva lasciato gli studi. Non era riuscito a diplomarsi, nonostante B. con una bambina in braccio e la pancia sotto il muso per l’avanzata gravidanza, avesse salito e disceso scale per implorare una promozione. Irremovibili erano stati i professori. Ipocrite parole paternalistiche avevano saputo dire. “Sa io l’italiano glielo darei ma è la matematica!
Mai lo avevamo visto fare strafalcioni quando scriveva. Parlava un corretto italiano. Negli anni sarebbe divenuto il contabile della ditta in cui avrebbe lavorato. Ora oltre che don lo chiamavano ragioniere. Tant’è, quei professori avevano “rettamente” salvato la pubblica istruzione!
Quella chiamata era arrivata all’orlo di una disperazione, di una mancanza di speranza. Non erano state le rose di padre Pio. Forse l’intercessione tardiva del cugino onorevole!
Andava a lavorare come bracciante agricolo, nelle montagne. Misuratore di gradoni. Allungava la rollina dei metri e riportava su un quaderno. Per anni aveva fatto questo lavoro.
Anna era una ragazza sveglia e avvenente. Spigliata e di intelligenza vivace. Faceva la segretaria nell’ufficio della azienda, aiutava nella contabilità il tenente, parente del padrone. Stimolava il desiderio degli uomini.
Costante nel suo amore per Salvo fugava ogni seduzione, compresa quella del potere. Ciò non aveva evitato la gelosia. Alla fine fu licenziata. Abbandonata anche da Salvo che aveva creduto alle calunnie.
Il posto era ora vacante, ma c’era la necessità di qualcuno che aiutasse il tenente. Di qualcuno che fosse maschio e fidato.
Fu così chiamato A. Si trasferiva dalle montagne alla sedia di un ufficio. Lavoratore fedele e sollecito. Non si occupava solo della contabilità ma di tante altre pratiche. Specie quelle politiche.
Per merito di queste era stato assunto alla regione siciliana. Ma non era sua fortuna. Dopo sei mesi per un cavillo burocratico e perché le assunzioni erano state fatte con metodo clientelare, furono licenziati in 150. Gli unici licenziati della regione Sicilia nei decenni!
Ritornò nel vecchio ufficio, alla contabilità dell’azienda e alla consueta attività politica. Ora lavorava da solo. Il tenente si era trasferito in quello di Messina. Poteva gestirsi il lavoro come voleva. Si alzava presto. Alle quattro del mattino era già in ufficio. Fino alle nove. Il resto della mattinata era dedicato all’azione politica. Cosi come le ultime ore del pomeriggio, dopo una dormita di una ora e di due di lavoro. Parlava con la gente, intratteneva relazioni. Non discorsi politici ma informazioni su come andassero le cose. Come se la passassero in famiglia. Quali i problemi. Prometteva con sincerità anche se non sempre manteneva. Non era il suo il potere. Doveva anch’egli chiedere al padrone/politico. A volte concedeva in maniera clientelare. Altre volte spassionatamente. Quanta gente , egli democristiano, di partiti avversari, aveva favorito, letteralmente a spese del suo capo! Spesso decisamente padrone. Specie quando ordinava di compilare le tessere del partito e di firmarle senza farsi accorgere che stavano tesserando gente ignara. Tutta la famiglia era chiamata a questo lavoro. Una annuale angoscia!
A. aveva una innata perspicacia nel capire le persone, la loro sincerità. ed uno spiccato senso dell’ironia.
Di regola nei pomeriggi di primavera , soprattutto nei periodi elettorali, si sedeva a far circolo davanti alla porta della sezione della DC. Discuteva del più e del meno con le persone che venivano a sedersi. Non era importante parlare di politica, non credo facesse discorsi profondi ed impegnati. Bastava farsi vedere. Questo condizionava.
E fu in una di queste occasioni che un uomo, noto per non essere democristiano, ma in incognito, si avvicinò e gli sospirò all’orecchio “ Don A. che facciamo, glielo diamo questo voto alla democrazia cristiana?”
Di rimando al volo, si alzò dalla sedia e gli disse : “aspetta” entrò dentro la sezione , fece atto di guardare dietro la porta ed aggiunse : “ mi spiace, il paniere è colmo colmo di voti, il tuo non ci entra potrebbe cadere disperso. Tientelo!”
Successe che il suo capo/padrone fu nominato assessore provinciale e che dovesse dimostrare di avere oltre che una capacità politica, per quella non aveva problemi, bastavano i suoi soldi a cui tutti si accodavano, soprattutto un seguito di popolo.
Si moltiplicarono così le riunioni, le richieste pressanti di convenuti , di platee sempre più numerose. Il dottore ordinava da Messina e pronto A. doveva trovare uomini. Le richieste divenivano sempre più impellenti, dall’oggi al domani.
Fu cosi che un sabato pomeriggio ricevette la solita imperativa telefonata. “A. domani a mezzogiorno fammi trovare almeno 100 persone in sezione”. Rimase basito e rivolto a noi familiari esclamò “ e dove li vado a scovare io 100 persone in così breve tempo?”. Poi tirando fuori la sua verve ironica disse : “Sapete cosa faccio? Domattina piglio un megafono giro per il paese ed annuncio: “oggi alle ore 12 in centro nei pressi della sezione della democrazia cristiana impiccheranno il dottor M . Vedrete che non cento ma mille persone ci saranno!”
1 aprile 2025
Ciro Gallo