Lo aveva notato subito. Il medico era uno specialista bravissimo, una persona per bene, compita, silenziosa, anzi troppo silenziosa. Parlava poco col paziente. Gli dava solo le istruzioni per un perfetto esame.
Glielo aveva chiesto qualche istante prima che lo conducessero in camera operatoria cosa volesse fare della sua miopia. “Avrei dovuto chiederglielo prima” erano state le sue parole. Aveva dovuto rispondere “lei è il mio oculista di fiducia”. A lui affidava la sua vista.
La sala era fredda. Le era sembrata ampia, enorme, una specie di loft. Gli aveva dato un senso di confusione, uno spazio in cui ci si poteva perdere.
Ricordava che sua nonna soleva dire :” La me casa è la santa chiesa”. Nella sua professione egli aveva fatto sua questa espressione e parafrasandola pensava: “l’ospedale è la santa chiesa e la camera operatoria il suo altare maggiore!”. Il posto dell’agnello da santificare, dell’ammalato inerme da proteggere, rispettare e considerare uomo completo nella sua dignità, non diminuito dalla malattia, una cosa da tagliare e cucire, da riparare.
Se ne stava steso sul lettino operatorio, i piedi scoperti nella sala fredda. Con una timida voce aveva chiesto se per favore glieli potessero coprire.
Rigido, in apprensione, la faccia coperta, con un occhio che doveva fissare una luce mentre mani operavano sull’altro. Non vedeva, purtroppo sentiva. Intorno si muoveva un mondo che lo comprendeva ed in cui egli era come una suppellettile, a cui l’unica cura dedicata era quella della riparazione del suo organo. Nessun silenzio da “chiesa”, ognuno parlava degli affari propri, mentre “riparavano il danno”, a voce alta. Il quasi chiasso lo irrigidiva di più. L’apprensione perché al “buio”non riusciva a capire quello che su lui stessero facendo e la paura per l’eventuale esito aumentavano, ad ogni momento che passava. E quelle voci continuavano a parlare, incuranti di lui. Ogni tipo di conversazione. Avete idea dei discorsi pieni di doppi sensi, sessisti che si fanno in camera operatoria?!
Medico: “sei pronta.
Infermiera: di rimando “io sono sempre pronta!”
Tutto era riuscito bene, anche il secondo occhio. Ora ci vedeva benissimo da lontano. “Per l’80% noi guardiamo lontano”, le poche parole che gli aveva detto il medico. Aveva ragione. Per gli altri forse ma per lui no, che passava il suo tempo a “guardarsi vicino” e a leggere. Non poteva più, era rimasto con la sua presbiopia, persino più aumentata. Nemmeno una riga!
Ora aspetta con ansia un paio di occhiali che gli consentano di studiare e soprattutto permanenti. Vorrebbe evitare il disorientamento, il non più riconoscersi senza. Li portava da quando aveva 17 anni. Non vorrebbe perdersi pur vedendo lontano!
22 novembre 2023
Ciro Gallo