Lunga passava la processione. In testa vestite di bianco le vergini, dietro tutta la popolazione. Scalze andavano le donne, alcune col saio per voto. Gli uomini in ultimo a capo scoperto. Davanti la vara del santo. Prima portata a spalla dagli uomini, sudati, mai dritta, sempre dondolante, in equilibrio diseguale. A strappi qualcuno aggiustava la posizione della barra sulla spalla, accentuando il dondolio della statua, il tintinnio dei gioielli attaccati all’abito del santo e lo sventolio dei soldi fissati con gli spilli.Sembrava a volte cadere.
Religioso era il mormorio delle preghiere ed il lento scorrere dei grani del rosario. Di tanto in tanto la banda attaccava un pezzo che poteva essere funereo o allegro, per niente legato al momento.
Col tempo le spalle che portavano il santo furono sostituite, prima da un carro semovente spinto su ruote, poi da un vero carro a motore. Passava per tutte le strade del paese la processione, persino per qualcuna fuori mano. Come prima restavano uguali le preghiere ed i canti. Ad un segnale convenuto, qualcuno in testa dava voce e all’unisono gli altri seguivano.
Finite o rare sono ormai le processioni. Ad una però ancora assisto, giornaliera, due volte al giorno, mattina e sera, in una strada di campagna, Un numero non eccessivo vi partecipa. Il colore bianco è preponderante. Vanno, non camminano, trotterellano dietro, in un assemblaggio lievemente scomposto seguono il carro, un vero carro. A volte una specie di trattore, altre una panda, vuota del santo, ma con un guidatore. Ad intervalli questi suona il clacson e quelli all’unisono rispondono. Ma questi partecipanti alla processione sono fedeli particolari, non rispondono con preghiere o canti ma con un prolungato beeeee. Sono pecore. Più compatte ed in un nuovo ordine proseguono, senza bisogno di un cane che li raggruppi. Niente sa il contadino/pastore del riflesso condizionato di Pavlov!
21 setembre 2022
Ciro Gallo