Alla scuola di Valditara
Gli erano rimasti i baffi a Castrovinci, non aveva avuto il tempo di pulirseli. Lallero invece era stato più lesto, quando il maestro era entrato. Avevano bevuto l’inchiostro che il bidello metteva, annacquato, nei calamai posti nel mezzo dei banchi.
Le orecchie erano diventate rosse e si allungavano, tirate dalla mano del maestro.”Ahi, ahi, signor maestro, mi fa male!”. Ma quello, preso dal suo impeto di rigore, non sentiva ed alternava una tirata ed un calcio in culo. Era stato fortunato Castrovinci quel giorno, si era risparmiato le bacchettate sulle dita. Restavano sempre ecchimotiche e gonfie.
Era missino il maestro. Una brava persona, non molto intelligente, rigido nei suoi pensieri, fermo ancora al ventennio. Tutti erano terrorizzati al solo nominarlo. Il maestro M.
Io lo ricordo con disagio . Mi resta nella memoria la sua figura patetica insieme alla comprensione per un uomo che avrebbe voluto avere figli e non aveva potuto e che viveva questa solitudine. Chissà perché poi si accaniva sui piccoli alunni. Un sadismo vendicativo. Un desiderio mutato in odio sotto forma di rigore educativo. Per altro era innocuo. Viveva con le sue immodificate idee. Perseverava in esse. Aveva infatti sovvenzionato una squadra di calcio che aveva voluto chiamare X mas.
La villa del paese ora è diventata arida senza più la cancellata. Era stata un piccolo giardino verde. Spendeva i soldi di tasca propria per mantenerla piena di fiori. Era diventato sindaco. Un re travicello a cui i suoi assessori avevano persino fatto firmare il suo atto di morte. Si fidava. Di niente si accorgeva. Alla sua ambizione bastava essere sindaco. Un piccolo gerarca di paese senza alcun potere. Onestissimo, non si era mai approfittato di nulla. Gli altri avevano fatto gli affari. Mai lo ho visto sorridere, intorpidito come era dal suo grande dolore che gli paralizzava i pensieri, anche quelli più semplici che ti spingono inconsapevolmente a sorridere . Forse la sua mente non ammetteva altro se non i ricordi di qualcosa che aveva vissuto da lontano ed in cui aveva creduto. Sclerotizzato su di essi, senza una minima riflessione critica, fino alla fine.
Così era avvenuta durante una delle sue reiterate discussioni. Un colpo apoplettico mentre si accaniva a difendere, contro ogni evidenza, le sue idee fasciste con la testardaggine di un vecchio, al quale erano rimaste solo quelle a cui aggrapparsi per giustificare una vita di infelice.
27 settembre 2024
Ciro Gallo