Se la poesia possa assumere o prendere in prestito i caratteri descrittivi della prosa e restar sempre poesia.
Stupido
era il sorriso
di Enzo con in mano
quel secchio di acqua
addosso ai ciclisti
inattesa li aveva
solo fatti cadere
pronti ripresero
l’inseguimento ad un
professionismo che mai
avrebbero raggiunto
lasciando dietro
la strada bagnata.
A piedi tornava Basile
sudato con i calzoni e la
camicia della domenica
ed i capelli impomatati
da barbiere
si era buttato ad inseguirli
per tutto il rettilineo
con la sua bicicletta nuova
col manubrio dritto,
ogni giorno la usava
per andare a lavorare,
aveva forato.
Pippo pedalava
al mattino insieme
agli studenti che
andavano a scuola
non aveva libri
portava sempre
fissata al piccolo portabagagli
la gazzetta del giorno prima
serviva al suo principale
come carta per
tagliare i modelli.
Celeste e da donna
era la bicicletta di mio padre
la ricordo appoggiata alla porta
in una fotografia con mia madre.
Contava don Ninai Mancuso
a noi intorno di
Charly Gaul e di
Louison Bobet
in un ciclismo in bianco e nero
e della morte di Simpson.
Uscivamo, nei pomeriggi
di luglio, stanchi e sudati
come per aver corso
anche noi le tappe del Tour,
dalla sede polverosa
della democrazia cristiana
che tante sedie aveva
ed un piccolo televisore
sotto uno scudo crociato
appeso alla parete.
Saretto non veniva
a vedere lo sport,
soltanto il sabato sera
a guardare, con gli
occhi fissi, la
bocca aperta nella
sua faccia con i brufoli,
le sorelle Kessler.
Correva poi subito a casa
con la sua bicicletta
le avrebbe a letto
immaginate toccandosi.
29 dicembre 2021
Ciro Gallo