LA DOLOROSA ISTORIA DI UN POVERO PAESE

28 Febbraio 2013

Prosperava un tempo, in un lontano, civilissimo Paese, una avveniristica “Impresa di TagliAggiustaLimaIncollAppalta”. Il pacchetto azionario della ditta era tutto nelle mani di una antica famiglia, ma, nel corso dei decenni, si era pian piano frazionato e disperso tra i componenti di questa. Comunque tutte le decisioni venivano prese a maggioranza, in un rigoroso regime assembleare. Avveniva però assai di frequente che il parere dell’anziano patriarca influenzasse così pesantemente l’opinione dei più, da fargli meritare l’affettuoso nomignolo di “Re Giorgio”. Tutto andò per il meglio finché una grave crisi del settore AIA (aggiustaincollappalta ) non venne a creare un grave rischio di inopinato fallimento. A ciò contribuì in modo rilevante l’amministratore delegato, peraltro anch’egli anziano azionista, che fu scoperto a dedicare molto più tempo a giovanili sollazzi che non agli affari di famiglia. Memorabile fu anche una sua imperdonabile gaffe, quando fu udito attribuire a una collega/concorrente, effettivamente assai poco avvenente, l’appellativo di “inchiavabile”, che fu ovviamente, immediatamente riferito all’interessata, non senza un malcelato compiacimento. Fu per questo che “Re Giorgio”, appoggiato senza remore ed anzi con un certo sollievo dall’assemblea dei soci ( e fra questi, curiosamente, anche da coloro che avrebbero di natura dovuto ereditare la guida dell’impresa ), decise di sollevare l’inetto dall’incarico, chiamando al timone del vascello un tecnico di grande valore, preso a prestito dal mondo accademico della finanza. Questi, salutato con grande e speranzosa fiducia dai più, accettò di buon grado l’incarico, presentandosi con uno staff di collaboratori di prim’ordine, tutti con pedigree e curriculum impeccabili. Soltanto uno sparuto drappello di soci di minoranza, tra i più giovani della famiglia e guidati da uno scanzonato perdigiorno di mezza età, si dichiarò contrario all’operazione, preconizzandone un inevitabile fallimento. L’obiezione venne ovviamente trattata per quello che era: il comico vaneggiamento di poveri di mente, a cui si consigliò di mettersi in proprio … “ e vediamo cosa ottengono?” Fu così che iniziò l’avventura del nuovo gruppo dirigente, che si apprestò alla scalata di una difficile catena di monti, che avrebbe guadagnato loro fama ed imperitura gratitudine. Alle ovviamente frequenti relazioni assembleari, cominciarono allora ad essere presentate astruse statistiche e grafici arricchiti da sorprendenti effetti speciali, che dimostravano tutti che il lavoro di risanamento procedeva speditamente verso un traguardo lontano ma certo, riempiendo di gioia i cuori degli azionisti, provati dalla difficile congiuntura. Soltanto un episodio sembrò per un attimo rallentare una corsa inarrestabile. Fu quando un banale errore di calcolo ( o forse fu in realtà una volontaria, sabotatoria, errata comunicazione di dati ) finì per privare un buon numero di operai altamente qualificati di alcuni privilegi ormai acquisiti e prima di loro acquisiti da generazioni di loro predecessori. Ciò ne causò l’ovvio esodo in massa verso altri lidi, con effetti in qualche modo negativi sulla produttività e gli utili aziendali. L’evento causò qualche ingiustificata perplessità nei più sprovveduti, che fu rapidamente fugata quando la responsabile della decisione ne spiegò il grande valore strategico, garantito dalle sue personali, indubitabili referenze. Finché si giunse all’assemblea di fine anno, che avrebbe svelato finalmente l’ammontare degli utili ottenuti e l’entità degli agognati dividendi … ma … inopinata sorpresa, non soltanto non c’erano utili, ma anzi la situazione economica dell’azienda era ulteriormente peggiorata. In realtà i tecnici spiegarono che non era alla situazione economica che bisognava guardare, bensì a quella finanziaria, che una incomprensibile tabella, illustrata con logorroica dovizia di particolari, incisi ed arzigogoli, mostrava essere invece migliorata. Ma non sempre l’uomo, toccato nel più profondo degli affetti ( il portafogli ), è disposto a farsi infinocchiare e fu così che la gestione dei professori ebbe fine ingloriosa. Furono in particolare i seguaci del simpatico scavezzacollo di mezza età che fecero sentire la loro voce, riuscendo a portare dalla loro parte non pochi di coloro che invece li avevano ritenuti stupidi arruffapopoli senza futuro. Re Giorgio si trovò allora a dover fronteggiare una situazione assai complessa: l’azienda sull’orlo del fallimento e tre gruppi di azionisti di ugual peso a contendersi lo scettro del comando. Valutando come pericolo peggiore il rientro dalla finestra di colui che aveva messo alla porta, si sforzò con ogni mezzo di far sì che i giovani trovassero un accordo con la fazione moderata che era stata privata della sua chance quando erano stati chiamati i professori, mettendo così definitivamente in un angolo il libertino ex amministratore delegato. Ma ciò non fu possibile perché la giovanile arroganza degli uni non riuscì ad amalgamarsi con la stucchevole prudenza degli altri. Non restò allora che accettare a malincuore il rientro sulla scena, con una carica prestigiosa, anche se non di vertice assoluto, di colui che tutti ritenevano almeno in parte colpevole del dissesto che stavano vivendo, purché si potesse riprendere la gestione dell’Impresa nel più breve tempo possibile. Certo l’amministratore delegato sarebbe stato un altro, ma Re Giorgio sapevabene il rischio che si correva: lui era vecchio e stanco ed avrebbe presto dovuto cedere lo scettro del comando … e chi lo avrebbe raccolto se non Lui?

I fatti e le persone di questa novella sono puramente immaginari e qualsiasi riferimento alla realtà è del tutto casuale … anche perché parte degli eventi narrati non è ancora avvenuta … per fortuna.

Sans Atout